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Ognuno porta sul volto una maschera che Jung definisce Persona.
“Persona” era anticamente il termine che designava nel teatro latino la maschera che gli attori indossavano per entrare nel ruolo del loro personaggio, perciò rappresenta la somma degli atteggiamenti convenzionali che l’individuo adotta in seguito all’appartenenza a certi gruppi. La Persona permette una mediazione tra il singolo e il mondo esterno e promuove l’adattamento alla società, è sempre coerente e univoca nella sua fissità e opacità, e nasconde, dietro un’inautentica e formale correttezza, l’incapacità di gestire le proprie emozioni e i propri sentimenti. I suoi aspetti più appariscenti si manifestano nei pregiudizi razziali e sociali.
Questa maschera è l’aspetto più epidermico della personalità, non è nulla di reale ma è un compromesso tra l’individuo e la società. Non è identificabile con l’intera personalità, anzi, la nostra dimensione umana è spesso molto diversa dal ruolo che siamo costretti a rivestire.
Spesso accade che si operi un adattamento falsato alle proprie richieste interne, che si assuma la fittizia costruzione di un ruolo che permette di procedere in un’esistenza che va avanti quasi per inerzia, e che risponde solo alle aspettative che altri hanno formulato per noi. Queste costruzioni fittizie sono comunque funzionali alla propria sopravvivenza, vale a dire che se si accetta di tradirsi è perché questo appare l’unico modo possibile per contenere le proprie tensioni interne. Questa è la ragione per cui l’individuo opera un camuffamento e mette in atto una modalità di rapportarsi a se stesso e agli altri volta a mascherare e ad occultare problematiche più profonde.
Il pericolo più immediato in cui si incorre è finire con l’identificarci totalmente con quel personaggio inautentico.
La Persona, come un’armatura protettiva, consente di affrontare la realtà temuta, che è quella dei rapporti umani e delle paure a cui essi ci espongono. Cerchiamo di tutelarci dal mondo delle emozioni: l’uomo deve proporre all’altro un’immagine di se stesso che deve essere accettata, e ciò è ritenuto possibile solo nella misura in cui si celano le proprie emozioni.
Spesso nei sogni compaiono immagini rivelatrici di questo Archetipo: possiamo, ad esempio, sognare di essere davanti ad uno specchio e vedere riflesso uno sconosciuto. Si tratta di un aspetto del sognatore stesso, un tratto nascosto dietro la maschera invisibile che la coscienza nega ma che il contatto con l’inconscio, rappresentato dall’atto del rispecchiamento, ci addita chiedendocene il riconoscimento.
La sofferenza e la ricerca del senso profondo della nostra esistenza ci costringe a togliere il travestimento e riuscire ad intravedere i veri lineamenti del nostro volto. Solo togliendo la maschera possiamo mobilitare l’energia vitale che c’è in noi. Ciò è sempre un’impresa dolorosa che imprime una profonda ferita narcisistica, giacché ogni camuffamento è un atto difensivo di un’immagine di sé, che seppure nella sua inautenticità, ci ha permesso di vivere fino ad ora. Togliersi la maschera significa abbandonare la falsa quiete del nascondimento che protegge un’immagine distorta di se stessi per provare ad incarnare il proprio destino, rischiando fino in fondo.
La Persona
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