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Psicologia Analitica e Alchimia

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In Psicologia Analitica, il lungo e faticoso processo di profonda trasformazione interiore che investe l’essere umano nella sua totalità, ha profonde analogie con l’Opus Alchemicum. 

L’alchimia infatti sarebbe una disciplina spirituale, le cui applicazioni si limiterebbero a simboleggiare ritualmente il processo del perfezionamento interiore. Il laboratorio dell’alchimista non sarebbe altro che una segreta allegoria del processo di maturazione psichica, la parabola del viaggio del Sé. Attraverso questa chiave interpretativa acquista particolare rilevanza l’immagine del laboratorio come metafora della personalità, attraverso cui ottenere la trasformazione di un Io limitato (l’Io in Psicologia Analitica e in Alchimia rappresentato dal metallo) in una personalità più ampia che comprende tutti gli aspetti possibili della personalità stessa (il Sé in Psicologia Analitica e in Alchimia rappresentato dall’oro). Si tratta di un processo terapeutico, cioè di un cammino iniziatico in cui la meta ideale è raggiungere il Sé totale. 

Le tappe di questo viaggio sono rappresentate dalle principali fasi dell’opera di trasformazione alchemica che prendono il nome dai colori che le caratterizzano: nigredo, albedo (Piccola opera) e rubedo (Grande Opera).

La nigredo è l’opera al nero e rappresenta la calcinazione, la distruzione delle differenze, l’estinzione dei desideri, la riduzione allo stato primitivo della materia, la putrefazione che separa gli elementi calcinati fino alla totale dissoluzione.

L’albedo è l’opera al bianco: soluzione fino alla totale purificazione della materia, rigenerazione, rinascita.

La rubedo è l’opera al rosso, la Grande Opera: distillazione seguita dalla congiunzione, dall’unione degli opposti (zolfo e mercurio). La fase rossa è destinata a pochi e indica il conseguimento della Pietra filosofale in cui il singolo individuo si propone di raggiungere la visione suprema. L’opera sviluppata fino al rosso è in rapporto con la realizzazione del Sé in cui i conflitti sono superati perché composti in una sintesi superiore, al di là del tempo e dello spazio.  

Nell’alchimia il processo di trasformazione è ad un tempo materiale e spirituale. Il nero corrisponde alla tendenza simbolicamente discendente che si allontana dalla propria origine luminosa; il bianco allo slancio ascendente che si rivolge all’origine, alla luce; il rosso (il colore del fuoco) alla tendenza espansiva sul piano della manifestazione in se stessa.

 

Gli alchimisti operavano su una sostanza unica, la materia prima che dovevano trattare attraverso molteplici triturazioni, lavaggi e distillazioni, separando ciò che è sottile da ciò che è spesso, affinando ciò che è spesso per renderlo sempre più sottile, ma al tempo stesso dovevano cercare di integrare lo spirito, volatile, a parti più dense della materia in maniera da raggiungere progressivamente uno stato di purezza, di omogeneità perfetta, di equilibrio tra gli elementi. Il fuoco, elemento leggero e spirituale, è destinato a prendere corpo mentre la terra, la parte più densa, deve progressivamente divenire spirituale. Lo zolfo rosso (del colore del fuoco, del sangue e dunque della vita e dell’amore), è simbolo dell’elemento maschile, del principio originario, della forza attiva e trasmutatrice, deve agire sul mercurio, elemento femminile ricettivo, passivo e terrestre. 

Al termine del processo trasformativo, la materia diventa un composto stabile, di color rosso vivo, senza impurità, chiamata Pietra filosofale che proiettata sui metalli comuni (piombo, stagno) permette di trasmutarli in oro. Trovare la Pietra filosofale significa, infatti, scoprire l’assoluto, possedere la conoscenza perfetta, la gnosi salvifica. 

Le fasi dell’opera alchemica definiscono l’alchimia come un percorso iniziatico concreto. Mentre la Piccola Opera ha per fine il ritorno dell’anima al suo stato di purezza e ricettività originale, il fine della Grande Opera è l’illuminazione dell’anima da parte dello spirito, chiamato in qualche modo a discendere in essa: il fuoco celeste incendia il cuore e lo purifica. L’Opera al Rosso, la Suprema Grande Opera (via dell'Assoluto, via della fenice) deve dunque portare l’uomo a superare i conflitti in una sintesi superiore, a raggiungere il suo vero Sé e a ritrovare la sua originaria dignità.   

Il fatto che l’opera alchemica si concluda con il colore rosso sembra voler significare che alla spiritualizzazione del corpo – simboleggiata dal candeggiamento del nero originale – deve succedere l’incorporazione dello spirito. 

 

Nelle tradizioni filosofiche e religiose più significative, al culmine del cammino (si chiami Grande Opera, Grande Mistero o altro) la rivelazione della saggezza divina coincide con l’esperienza del Sé: comprendendo e realizzando il senso della propria vita, si ritrova anche il senso del Tutto del quale la propria singola vita fa parte. 

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