Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero, si pone al centro del pensiero della psicologia del profondo. Inizialmente seguace di Freud e del pensiero psicoanalitico, se ne distacca successivamente per costruire un nuovo modello teorico: la Psicologia Analitica.
Jung porta preziosi contributi alla possibilità di comprendere la psiche umana: dalla Teoria dei Complessi a quella dei Tipi Psicologici, dalla concettualizzazione di Inconscio Collettivo alla definizione di Archetipo.
Il pensiero di Jung, non si limita alla clinica ma va oltre, supera i limiti della psicologia per intersecarsi con l’antropologia, la teologia, l’alchimia, la mitologia, la letteratura, l’arte, il folklore, le tradizioni popolari. Egli studiò molto le culture di luoghi e tempi diversi, si interessò di fenomeni paranormali, trovò immagini simili nella mente e nelle creazioni di uomini sani, malati, schizofrenici, appartenenti al passato e a luoghi anche molto lontani tra di loro.
Scopre, così, il fascino di un “inconscio comune” secondo cui la psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima.
Fondamentali, poi, sono i contributi che Jung porta all’interpretazione del sogno modificando i concetti espressi da Freud. Jung ha un più ampio respiro al significato stesso del sogno sia in funzione di una comunicazione tra parti del sé ed espressione di bisogni e desideri, sia in qualità di indicatore di una strada da percorrere.
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Inconscio personale ed Inconscio collettivo
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Inconscio Personale e Inconscio Collettivo
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Per Jung l’inconscio ha un autonomo corso di sviluppo ed è complementare alla coscienza. Non solo non è riducibile a deposito di ricordi rimossi (come lo era invece per Freud) , ma è sorgente di energie sane e di soluzioni creative.
L’inconscio non è solo sede di tutte quelle percezioni, quei pensieri e sentimenti che non riescono ad accedere alla coscienza e che restano sospesi, non già rimossi, allo stato subliminale; esso contiene anche quelle combinazioni di senso non ancora in grado di divenire coscienti: intuizioni, immagini suscettibili di penetrare e fecondare la coscienza.
Secondo Jung c’è uno strato superficiale dell’inconscio chiamato inconscio personale che corrisponderebbe grosso modo all’inconscio freudiano e i suoi contenuti sono principalmente “i complessi a tonalità affettiva”.
A differenza di Freud però sostiene che l’inconscio personale poggia su uno strato ancora più profondo e oscuro della psiche che non deriva da esperienze personali ma è innato: l’inconscio collettivo. In esso sarebbero depositate, in senso metaforico, le tracce mnestiche di esperienze dei nostri antenati: immagini, simboli, paure, forme di elaborazione del pensiero, che sono in noi e che possono determinare singolari fenomeni oltre che dirigere i nostri istinti. L’inconscio collettivo è universale ed ha contenuti che sono gli stessi in ogni luogo, tempo e cultura, è identico in tutti gli uomini e costituisce un substrato psichico comune di natura sovrapersonale. Nell’inconscio collettivo ci troviamo davanti ad immagini universali presenti fino dai tempi remoti.
Esso si distingue dall’inconscio personale per il fatto che non deve come questo la sua esistenza all’esperienza personale, non è cioè un’acquisizione individuale: mentre l’inconscio personale è formato da contenuti che sono stati un tempo consci, ma poi sono scomparsi dalla coscienza perché dimenticati o rimossi, i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati nella coscienza e perciò non sono mai stati acquisiti individualmente, devono la loro esistenza esclusivamente alla costituzione psichica dell’individuo determinata dalla nascita, come bagaglio della specie.
Le immagini primordiali universali che popolano l’inconscio collettivo vengono chiamate da Jung “Archetipi”.
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Il Processo di Individuazione
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Il Processo di Individuazione, perno centrale della teoria junghiana, è la tensione che spinge l’uomo alla ricerca della propria identità. Corrisponde al naturale corso della vita in cui l’individuo diventa quello che da sempre era.
L’individuazione è il processo per cui la persona diventa se stessa, un essere umano intero, inscindibile e differenziato dalla psiche collettiva conscia e inconscia: è un progressivo ampliamento della personalità. Può essere considerata un progetto di un’autorealizzazione che si rende possibile nel confronto con la propria interiorità e con il mondo esterno.
L’Individuazione rappresenta un percorso nell’inconscio che conduce fino alla completezza finale, il Sè, come integrazione delle diverse parti psichiche in una totalità. Si aggiungono alla personalità non solo gli aspetti consapevoli ma soprattutto la ricchezza che deriva dall’inconscio.
Questo processo è caratterizzato da due aspetti fondamentali: da un lato è un processo d’integrazione interiore delle parti inconsce e dall’altro è un processo oggettivo di relazione: il senso della propria identità implica la relazione con l’altro come diverso da sé, si struttura confrontandosi, scontrandosi e misurandosi nei rapporti relazionali.
Al termine del processo l’uomo non ha più come centro l’Io ma il Sé: non è più un individuo con aspetti di cui è consapevole e molte aree inconsce di cui non è consapevole ed agiscono a sua insaputa, ma è un individuo in cui tutte le sue parti, più superficiali, più profonde, ritenute positive o negative, sono presenti.
Un elemento caratteristico di ogni viaggio attraverso l’inconscio è il verificarsi di ciò che Jung ha chiamato enantiodromia, parola che significa “ritorno all’opposto”. Certi processi mentali si trasformano a un certo punto nei loro contrari, come ad opera di una sorta di autoregolazione. Questa nozione è stata esemplificata simbolicamente da molti filosofi, religiosi e poeti: nella Divina Commedia, ad esempio, vediamo Dante che, raggiunto il punto più profondo dell’Inferno, inizia il primo passo verso l’alto, in opposta direzione verso il Purgatorio e il Paradiso. Questo misterioso fenomeno di spontaneo capovolgimento della regressione è stato sperimentato da tutti coloro che sono passati con successo attraverso un periodo di “tormento psichico”, nel quale, nel momento in cui il dolore diviene insostenibile, nel punto più basso della discesa, appare un primo gradino per risalire dall’altra parte.
Come nella ferita si cela il segreto della nostra guarigione, così sarà la discesa al nostro inferno a consentirci la salita al nostro paradiso.
Questo processo è un cammino attraverso la foresta dei simboli, attraverso il mondo degli Archetipi, i quali si presenteranno, in genere, in un determinato ordine.
La prima tappa del cammino di Individuazione è l’incontro con l’archetipo dell’Ombra, il fratello oscuro invisibile, ma inseparabile da noi. Essa è la figura più prossima alla coscienza e tra tutti gli aspetti della personalità è il primo ad emergere nel corso di un’analisi. La seconda tappa è caratterizzata dall’incontro con quelle figure psichiche che Jung chiama con i termini latini “Anima”, nell’uomo, e “Animus”, nella donna. Queste due figure archetipiche rappresentano la parte di psiche che ha a che fare con il sesso opposto e indicano sia la modalità del nostro rapporto con esso, sia il deposito dell’esperienza collettiva umana a riguardo.
Una successiva pietra miliare dello sviluppo interiore è rappresentata dall’Archetipo dello Spirito, il quale personifica appunto il principio spirituale. E quando l’Individuazione è raggiunta, l’Io non è più il centro della personalità, ma come un pianeta che ruota attorno ad un sole invisibile, il Sé. L’individuo ha acquistato un maggiore equilibrio e non teme più la morte, poiché ha trovato se stesso ed ha trovato anche il vero legame con gli altri uomini.
Il primo passo verso l’Individuazione comincia con una voce che chiama, o forse dovremmo dire che richiama, un po’ come il nostro primo vagito, alla vita.
Le potenzialità dell’individuo infatti si rivelano spesso solo se ve ne è il bisogno, solo quando il mondo ci mette alla prova.
La solitudine, la malattia, il tradimento, che per un verso rappresentano l’irrompere della morte nella vita, sono peraltro preziosi per l’anima perché un’accresciuta consapevolezza del nostro limite ci fa scoprire la forza che consente il superamento.
I dolori sono perciò pietre miliari che portano alla conoscenza: la ricerca di una risposta personale diviene la via di una cura che porta al ritrovamento di un senso e dalla sofferenza si spalanca la possibilità di trasformare il proprio atteggiamento verso la vita. Le esperienze negative sono le più preziose per l’arricchimento interiore perché permettono un progressivo ampliamento della personalità e il cammino dell’individuazione.
Scendere nei luoghi più lontani della psiche può spaventare ma nel tempo si traduce in un respiro nuovo: si passa da una superficie piatta alla profondità tridimensionale, come è descritto, ad esempio, nel sogno di un ragazzo che si tuffa in mare, trattiene a fatica il respiro, ma vede dei pesci meravigliosi, che riesce poi a portare in superficie. Questo è un processo di integrazione dal momento che si aggiungono alla personalità non solo gli aspetti consapevoli, ma principalmente ciò che deriva dalla ricchezza dell’inconscio.
Il processo di autoconoscenza non è mai un dipanarsi lineare di sola ascesa, ma un procedere vario che comporta anche l’arresto o la retrocessione. In questo senso, l’esistenza umana è un continuo morire e rinascere, in cui ogni passaggio ad uno stadio superiore di sviluppo richiede un sacrificio di ciò che si è precedentemente costruito e su cui cristallizzarsi sarebbe di impedimento alla nostra crescita.
E importante non è ciò che diventeremo - poeti, medici o scienziati - ma se riusciremo ad essere pienamente se stessi.
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Gli Archetipi
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Gli Archetipi, come espressione dell’inconscio collettivo, sono rappresentazioni trasmesse ereditariamente dai tempi più remoti e comuni a tutti gli uomini, non frutto dell’esperienza individuale ma universale.
Queste immagini primigenie aventi ciascuna un preciso significato, si esprimono in simboli presenti in tutti i tempi, luoghi e culture, compaiono nelle arti, nelle religioni, nei sogni, nelle usanze sociali di tutti i popoli e si manifestano spontaneamente nelle malattie mentali. Sono centri dell’energia psichica, hanno una caratteristica divina di tipo vitale ed è probabile che la loro manifestazione si verifichi in circostanze critiche, attraverso un evento esterno o a causa di qualche mutamento interiore.
Le loro molteplici manifestazioni si ritrovano soprattutto nelle fiabe, nei miti, nelle religioni e nell’arte. In questo caso si tratta di forme specificatamente improntate, trasmesse nel corso di lunghi periodi. Invece la loro apparizione diretta, come ci si presenta individualmente nei sogni e nelle visioni, nell’immaginazione attiva, nei deliri degli psicotici o nelle fantasie negli stati di trance, è molto più individuale e ingenua. Nel linguaggio dell’inconscio, che è un linguaggio per immagini, essi compaiono in forma personificata o simbolica.
Gli Archetipi non sono determinati dal punto di vista di contenuto ma solo in ciò che concerne la forma: sono elementi vuoti, formali, una possibilità data a priori della forma di rappresentazione. Il modo in cui l’Archetipo si manifesta, volta per volta, sul piano empirico, non può essere dedotto unicamente dall’Archetipo stesso ma poggia su molti fattori, è iridescente, cangiante, a seconda del contesto in cui è inserito. In ogni individuo, infatti, l’Archetipo si riveste dell’esperienza e dell’immaginazione personale assumendo una forma unica. Per esempio, il nucleo negativo di tutto ciò che vi è di oscuro e di brutto, caratteristico dell’Archetipo dell’Ombra, è universale, ma per una persona può apparire in veste di animale feroce, per un’altra come un tiranno, per un’altra ancora come un vampiro e così via.
“L’immagine archetipica” è l’aspetto fenomenico condizionato dalla storia e dalla cultura, attraverso la quale l’archetipo si manifesta, l’immagine che ci appare in modo diretto nel mito e nel sogno. Essendo gli elementi fondamentali della fantasia, le immagini archetipiche sono mezzi mediante i quali il mondo è immaginato, e quindi le modalità grazie alle quali tutta la conoscenza, tutta l’esperienza diventa possibile.
Per Jung l’Archetipo è una realtà tra lo psichico e il somatico: da un lato ha radici nell’istinto, nella sfera organica, dall’altro presenta una dimensione spirituale: in quanto collegato all’istinto esso è una predisposizione innata a determinate prestazioni psicologiche, in quanto collegato alla sfera spirituale, è una categoria a priori della coscienza, una dimensione trascendentale. L’universalità degli Archetipi è stata interpretata dai post-junghiani o come un prodotto della struttura del cervello umano o come l’espressione di una sorta di anima del mondo neoplatonica.
Esiste una varietà quasi infinita di Archetipi, alcuni sembrano lontani dalla coscienza, altri sono più immediati. Tra i più importanti: la Persona, l'Ombra, Anima-Animus, il Puer Aeternus, il Vecchio Saggio, la Grande Madre, il Sé.
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